Condannato in croce o al palo?

Ultimamente ho discusso sulla crocifissione e sulla Croce di Cristo con un testimone di Geova (è notorio che essi non credono alla condanna a morte di Gesù in croce, ma su un palo e con le mani inchiodate sopra la testa). Con l’aiuto della Scrittura, che deve sempre accompagnare un genuino seguace di Gesù, e con un po’ di pratica e logica, cercheremo di capire come sia stato messo a morte il Signore.

Tutti e quattro gli Evangelisti parlano della crocifissione e morte di Cristo. Proviamo a seguire con il loro aiuto, questa vicenda.

I Vangeli menzionano Gesù che uscito dal Pretorio, porta la sua croce, camminando in mezzo a molta folla che lo seguiva, e nella quale c’erano tante donne che piangevano (Lc 23:27), aiutato da un certo Simone di Cirene che ad un certo punto lo sostituisce nel trasportare il legno. Sappiamo che la notte precedente Gesù l’ha passata “in bianco”, ma non solo: è stato schernito (Mt. 27:31 e paralleli), picchiato (Mt. 27:30 e paralleli), flagellato (Mt. 27:26 e paralleli), non penso perciò che la mattina successiva fosse nelle migliori condizioni fisiche per affrontare ulteriori “stress”. Detto questo, consideriamo ora il “palo” del testimoni di Geova, se la loro teoria fosse giusta, si sarebbero dovute verificare certe condizioni.

Quanto poteva essere lungo un “palo di tortura”? Secondo semplici calcoli che chiunque può fare, si arriva a oltre quattro metri e mezzo, considerando:

1.      la lunghezza di una persona, le braccia e mani posizionate sopra la testa,

2.      la scritta che era in tre lingue (e doveva essere scritta in caratteri grandi per essere letta facilmente dalle persone che passavano),

3.      il fatto che un palo del genere doveva essere conficcato per un metro circa nel terreno, per evitare cedimenti e per sopportare il peso di una persona posta in alto e che, almeno all’inizio, si dimenava sensibilmente.

Si consideri inoltre che la canna con la quale gli fu offerto l’aceto, poteva essere lunga almeno un metro (Mc. 15:36 – cfr. Mt. 27:48) per arrivare alla bocca di Cristo, (la mano alzata di un uomo si trova a circa due metri di altezza, se sommiamo il metro di canna arriviamo a circa tre metri, che è una misura plausibile per l’altezza della testa della persona crocifissa.

Per rendere visivamente l’idea di un tale palo dobbiamo pensare a quelle case vecchie che hanno le travi a vista nei soffitti, o alle travi del solaio delle moderne mansarde negli appartamenti. Quanto poteva pesare un palo del genere, supponendo che sia stato usato il cipresso o il cedro per la croce? Da semplici calcoli si arriva a oltre 120 chili. Immaginiamo di mettere sulle spalle di Simone e prima di Gesù un peso di 120 kg., praticamente è come se mettessimo sopra le loro spalle due persone di normale-leggera corporatura.

Il testimone di Geova a questo punto, rendendosi conto dell’assurdità di quello che affermava, mi disse che il palo veniva trascinato e non portato sulle spalle, ma credo che Mt. 27:32 – Mc. 15:21 – Lc. 23:26 spieghino abbastanza chiaramente che veniva portato a spalla e non trascinato. Non vedo comunque la realisticità nel trascinare un palo di oltre 120 kg e della lunghezza di oltre 4 metri e mezzo per i vicoli stretti di Gerusalemme e per diverse centinaia di metri. C’era poi il fatto che, per ogni palo che veniva portato dal condannato sul Golgota, i romani dovevano poi toglierlo dal terreno e riportarlo nel pretorio e rifare la stessa strada ogni volta. Vi sembra logico tutto questo? Ogni volta fare un buco nel terreno roccioso della collina, ogni volta chiudere il buco e poi rifarlo di nuovo. E’ tanto più semplice fare un bel buco e piantare un palo una volta per sempre potendolo così usare per tantissime volte ! A questo palo ben piantato nel terreno chiamato “stipes crucis”, veniva tirato su il “patibulum” che era un legno posto in maniera trasversale di un paio di metri di larghezza sul quale venivano inchiodati i polsi.

Secondo i testimoni di Geova le mani venivano inchiodate una sopra l’altra nel palo verticale, ed i chiodi venivano messi all’altezza dei polsi perché in quella posizione le ossa danno una certa resistenza e potevano sostenere il peso della persona. Dal Vangelo di Giovanni sappiamo che Tommaso chiese di mettere il dito nei fori dei chiodi – dunque almeno due – (Gv. 20:25), ma nessun romano di buon senso avrebbe messo due chiodi nello stesso punto perché un chiodo romano, molto grande, già da solo poteva sostenere il peso di un corpo e poi perché piantando due chiodi nello stesso punto il foro, allargandosi, non avrebbe più dato garanzia di sopportare il peso dal momento che la presa dei chiodi nel legno si sarebbe allentata. Ma non basta: i romani, dopo aver fatto il buco nel terreno per il palo, nel caso questo rimanesse aperto, dovevano rimettervi mano la volta successiva, perché a causa delle piogge o del vento il foro si richiudeva più o meno interamente. Qualunque persona che lavora la terra, sa che un buco non si può usare più volte, perché il terreno ogni volta non ha più la consistenza della precedente.

Altra considerazione è dettata dalla domanda che ci si può porre; ma quante crocifissioni si potevano fare e di conseguenza quanti chiodi si potevano piantare in quel palo prima che fosse reso inservibile dai troppi buchi (due per volta all’altezza dei polsi)? Forse sei, otto volte, poi si doveva o accorciare il palo, ma così lo si rendeva inservibile a meno che non si crocifiggessero nani, oppure bisognava andare a segare un altro albero, con i mezzi di quella volta naturalmente. Non era più semplice gettare il “patibulum”, che era un legno molto più facile da reperire essendo più piccolo e più corto?

Volevo anche far notare che viene specificato chiaramente in Mt 27:37 e Lc 23:38 dove fu posta la tavoletta con la scritta trilingue; se Gesù fosse stato crocifisso come dicono i TdG, sarebbe stato piu’ logico in quei due passi che ho citato, scrivere: “sopra le mani” piuttosto che “sopra la testa” come effettivamente fu scritto.

Perchè abbiamo fatto questi conti e considerazioni? Per dimostrare che era impossibile che i condannati si portassero dietro il palo della croce, perché lo sforzo era inumano anche per una persona nel pieno delle forze.

I TdG prendono forza per le loro argomentazioni citando il passo di Atti 5:30 “… che voi uccideste appendendolo al legno”, ma una semplice ricerca, per chi ha la interlineare con il greco, dimostra che la stessa parola “xulon” (legno) viene usata anche in Mt. 26:47 “… e con lui una grande turba con spade e bastoni” . Che dire, allora, che Cristo fu appeso ad un bastone? E per chi non sia ancora convinto posso citare il passo di Atti 16:24 dove la stessa parola greca è stata tradotta con “ceppo”. Qualsiasi dizionario Greco-Italiano, dal Gemoll al Rocci, dà diversi significati per la parola “xulon”: pianta, bastone, verga, stecca per reggere un arto rotto, ceppo, tavola, primo posto, sedile, vascello, cucchiaio di legno.

A mio avviso solamente il buon senso può aiutare questo testimone di Geova, come tutti i suoi compagni di fede, che penso abbiano messo in dubbio un evento indiscutibile come quello della morte di Cristo sulla croce solo per differenziarsi dal mondo cattolico (ma anche cristiano in generale). Questo è l’errore che possono commettere tutti coloro che credono in una certa dottrina solo per mettersi in contrasto con altre realtà realtà religiose, piuttosto che verificarne onestamente la fondatezza. Chi ama la verità, invece, è sì in grado di contestare le inesattezze delle dottrine degli altri gruppi religiosi, ma sa anche riconoscerne le cose giuste, quelle che sono in armonia con la Sacra Scrittura.

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