«Se Cristo non è risuscitato…»

CONDIVIDI

Condividi su facebook
Condividi su linkedin
Condividi su twitter
Condividi su email

Il cardine della fede in Cristo – la Risurrezione – trova percentuali basse di credenti anche fra chi si dichiara cristiano. Questo dicono i sondaggi, ma è facile riscontrarlo anche di persona, nell’esperienza quotidiana. Riflettiamo, però.

«Se Cristo non è risuscitato, è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede»: scriveva così, l’apostolo Paolo, nella sua 1ª Lettera ai Corinzi (15:14).

Vi erano infatti alcuni, già nei decenni successivi alla morte di Gesù, che si dicevano cristiani pur ritenendo impossibile la risurrezione dai morti: tanto quella di Gesù stesso, quanto quella di chiunque altro. Dal Nuovo Testamento risulta che costoro divulgavano una dottrina secondo la quale, come sintetizzò ancora Paolo nella 2ª Lettera a Timoteo (2:18), la risurrezione era «già avvenuta». Con ciò, probabilmente, intendevano dire che la dottrina e l’esempio di Cristo avevano una valenza unicamente terrena: secondo loro essere cristiani significava, in pratica, operare un rinnovamento interiore, un cambiamento di idee e di stile di vita che rendeva sì persone “nuove”, ma senza la prospettiva di una vita successiva. La dimensione trascendente del messaggio di Gesù veniva perciò negata e l’esistenza umana, comunque vissuta, veniva confinata in questo mondo.

Se ciò fosse vero, però, Gesù sarebbe tutt’al più uno dei grandi saggi e martiri della storia umana: un maestro di etica e di spiritualità da ammirare e dal quale trarre buoni esempi, certo, ma non il Figlio di Dio né il Messia né il Salvatore crocifisso in sacrificio e per il perdono dei nostri peccati. Non colui che ha lasciato un sepolcro vuoto per aprirci la porta dell’immortalità, insomma.

L’idea di una fede in Cristo relegata alla dimensione terrena era, secondo Paolo, un gravissimo errore capace di «rodere come la cancrena» – troviamo scritto proprio così – e di «sovvertire la fede» di molti (2ª Timoteo 2:17-18). E l’apostolo aggiungeva: « Se speriamo in Cristo soltanto per questa vita, siamo i più miserabili di tutti gli uomini … Se i morti non risorgono mangiamo e beviamo, perché domani moriremo» (1ª Corinzi 15:19.32).

Nel Vangelo di Giovanni troviamo questa promessa di Gesù: «Se osservate i miei comandamenti, dimorerete nel mio amore» (Vangelo di Giovanni 15:10). Ma che pro, se poi tutto finisce qui?

«Ho il potere di dare la mia vita e il potere di riprendermela. Io do ai miei discepoli la vita eterna (Giovanni 10:18); Io sono la risurrezione e la vita: chi crede in me, anche se muore, vivrà» (Giovanni 11:25); Io sono la via, la verità e la vita: nessuno va al Padre se non per mezzo mio (Giovanni 14:6): così si esprimeva Gesù. Ma ci credono, oggi, i cristiani? Vivono orientandosi con questi princìpi, con questa speranza? Oppure la loro vita può proseguire anche senza la prospettiva ultraterrena? E quando così è, che cristiani sono? In un Paese come il nostro, avvezzo a sottolineare le proprie radici cristiane, la questione se Cristo sia risorto oppure no, e se i morti possano risorgere o meno, in genere non è vissuta come decisiva: che sia o che non sia, ai più poco importa…

«Perché cercate il vivente tra i morti?»: questa, stando al Vangelo di Luca (24:5), è la domanda posta da due angeli alle donne che, nel giorno della Risurrezione di Cristo, si recarono al sepolcro senza trovarvi il suo corpo. L’interrogativo è più che mai attuale: Gesù è morto o vivo? Lo cerchiamo – se lo cerchiamo – solo come un ammirabile personaggio storico scomparso, oppure come colui che ha il potere di offrire, a chi desidera conoscerlo e seguirlo, la vita eterna con Dio?

Leggi anche

Riflessioni in pillole

«Se Cristo non è risuscitato…»

Il cardine della fede in Cristo – la Risurrezione – trova percentuali basse di credenti anche fra chi si dichiara cristiano. Questo dicono i sondaggi,