“Se Gesù mi apparisse oggi, io…”

Mentre era in croce, gli oltraggiatori di Gesù (capi sacerdoti, scribi, anziani e i due malfattori al suo fianco) lo provocavano e sfidavano dicendo: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Se lui è il re d’Israele, scenda ora giù dalla croce, e noi crederemo in lui. Si è confidato in Dio: lo liberi ora, se lo gradisce, poiché ha detto: “Sono Figlio di Dio”. E nello stesso modo lo insultavano anche i ladroni crocifissi con lui» (Vangelo di Matteo 27:42-44). Grazie a Dio, Gesù non è sceso dalla croce, altrimenti non ci sarebbe stato il cristianesimo e noi pure non staremmo qui a scrivere di queste cose. Scendendo dalla croce per tacitare quella generazione, Gesù avrebbe reso un pessimo servizio a quelle seguenti, che si nutrono della fede in lui grazie alle Sacre Scritture e non al miracolo o alla visione diretta (2 Lettera ai Corinzi 5:7). Quel miracolo (scendere dalla croce) sarebbe servito solo in quel momento e solo per quelle persone. Altre persone altrove, e in tempi diversi, non avrebbero mai creduto al fatto, revocandolo in dubbio e tutto si sarebbe dissolto nelle nebbie della storia. Difatti, Gesù annuncia la beatitudine di quanti avrebbero creduto senza aver visto: «Otto giorni dopo, i suoi discepoli erano di nuovo in casa, e Tommaso era con loro. Gesù venne a porte chiuse, e si presentò in mezzo a loro, e disse: “Pace a voi!”. Poi disse a Tommaso: “Porgi qua il dito e vedi le mie mani; porgi la mano e mettila nel mio costato; e non essere incredulo, ma credente”. Tommaso gli rispose: “Signor mio e Dio mio!”. Gesù gli disse: “Perché mi hai visto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!”» (Vangelo di Giovanni 20:26-29).

La tentazione di sfidare Dio non si limita a quel giorno, ma è prassi ricorrente, quasi che Dio debba stare al nostro servizio per soddisfare i nostri capricci. È l’antica idea che Dio debba esistere perché noi lo chiamiamo ad esistere, e non per virtù propria. È l’antica idea che Dio debba essere a nostra immagine e somiglianza, e non viceversa. È l’antica idea che Dio debba sempre giustificarsi per la presenza del male, che noi uomini commettiamo e non Lui. «Se Dio esistesse non permetterebbe che …».  Che cosa dovrebbe fare, il povero Signore Iddio? Forse aprire la scatola cranica di chi commette il male e sostituire la materia cerebrale? Forse impedire che ogni creatura umana si ammali e muoia? Sarebbe impegnato ogni secondo, il povero Signore Iddio! Intanto, l’uomo non cambia: continua ad esistere e a perseverare sempre nel compiere il male. L’uomo non si interessa di Dio, che è sempre fuori della sua ottica. L’uomo si ricorda di Dio soltanto in taluni casi, nei quali viene chiamato in causa e sfidato, pena la sua non esistenza. Non dimentichiamo che Dio ha dato suo Figlio sulla croce per la nostra salvezza. Non poteva il Signore Iddio salvare anche lui, il proprio Figlio, da quella morte penosa e terribile?

Si narra che il giovane Benito Mussolini, celebre amante delle affermazioni più reboanti, ateo e materialista, agli inizi del Novecento, quando era l’astro nascente del socialismo italiano, durante un raduno in Svizzera, dicesse: «Se Dio esiste, allora mi deve fulminare entro cinque minuti». Il resto della storia avventurosa e tragica di Benito Mussolini e dell’Italia fascista ci fa sapere che quella sfida non fu accettata …

Ma l’uomo è sempre lo stesso: ribelle, bizzarro e pretenzioso. Anche oggi esiste la (brutta) abitudine presso taluni di affermare: «Se Gesù mi apparisse adesso, allora crederei almeno che è esistito!». Pochissimi altri si avventurerebbero poi a dire che tale apparizione creerebbe in loro la “fede cristiana”. Quest’ultima frase è discutibile giacché non si ha alcuna sicurezza che (se Gesù apparisse davvero in questo modo a chi lo sogna) la fede scaturirebbe automaticamente. Secondo la testimonianza delle Sacre Scritture, Gesù è stato per un po’ di tempo (forse tre anni) con gente che non solo lo ha rifiutato, ma gli ha fatto fare una fine orribile (persino gli Apostoli si dispersero in un battibaleno).

Giochiamo un po’ di fantasia: se Gesù tornasse oggi a ripetere per filo e per segno quello che ha già detto duemila anni fa, che cosa accadrebbe? Che fine farebbe o che fine gli farebbero fare? Questa generazione globalizzata all’estremo, lo accoglierebbe? Probabilmente no, esattamente come fu per la generazione in cui egli ebbe ad agire. Il Signore parla di una generazione malvagia, capricciosa e mal disposta, storta e perversa che non è mai contenta di niente (cfr. Vangelo di Matteo 11:16ss; Atti degli Apostoli 2:40; Lettera ai Filippesi 2:15). Alla fine, terminata la novità, dopo avergli fatto fare il giro delle sette chiese (apparizioni in televisione, sui social e via dicendo), il povero Gesù verrebbe inesorabilmente emarginato e stroncato dalla massa, perché considerato un pazzo scatenato che non sa quello che dice, un esaltato presuntuoso e millantatore da sbattere in manicomio, un prevaricatore che non conosce il politically correct (ciò che è corretto da un punto di vista politico).

Come detto, ogni generazione è volubile e male intenzionata. Ricordiamo le parole di Pietre (1967), canzone scritta da Gian Pieretti nel 1967 e resa famosa dal francese Antoine (Pierre Antoine Muraccioli). Il testo, che accompagna il motivetto accattivante, recita così: «Tu sei buono e ti tirano le pietre, sei cattivo e ti tirano le pietre, qualunque cosa fai, dovunque te ne vai, tu sempre pietre in faccia prenderai. Tu sei ricco e ti tirano le pietre. Non sei ricco e ti tirano le pietre. Al mondo non c’è mai qualcosa che gli va. E pietre prenderai senza pietà. E sarà così finché vivrai. E sarà così. Se lavori ti tirano le pietre. Non fai niente e ti tirano le pietre. E il giorno che vorrai difenderti, vedrai che solo pietre in faccia prenderai. Se sei bianco ti tirano le pietre, se sei nero ti tirano le pietre. Al mondo non c’è mai qualcosa che gli va. E pietre prenderai senza pietà. E sarà così finché vivrai».

Che Gesù non sia stato un tipetto facile e accondiscendente con la sua generazione (con ogni generazione, in realtà) è evidente dalla lettura del Nuovo Testamento, il testo indispensabile al cristianesimo d’ogni tempo e luogo (senza Nuovo Testamento non si va da nessuna parte, se si vuole essere Chiesa di Cristo). Il parlare del Signore Gesù fu straordinario (Vangelo di Giovanni 7:46) sì, ma anche duro (Vangelo di Giovanni 6:60). Il parlare di Gesù fu scevro da qualunque forma di compromesso. Fu chiaro e preciso. O si è con lui o si è contro di lui (Vangelo di Matteo 12:30. Tertium non datur, “una terza opzione / possibilità non è ammessa”). Quest’affermazione, oggi, gli costerebbe come minimo la condanna da tutte le parti. Nessun falsario degno di questo titolo si sarebbe mai sognato di mettere in bocca a Gesù certe frasi, perché esse sono urticanti, frasi che non spingono all’adesione ma al rifiuto; evidentemente, questo era davvero il suo modo di parlare (e questo rimane il suo di parlare anche adesso). Un abile falsario avrebbe per certo costruito un’immagine assai diversa, tutta amore e condiscendenza. Non che il Signore non sia stato amorevole e condiscendente, soprattutto verso i peccatori (spingendoli al ravvedimento); ma certo alcuni aspetti del suo modo di porsi, del suo modo di parlare hanno suscitato scandalo e difficoltà perché per l’uomo essi implicano una sfida difficile da accettare.

Quindi, è davvero triste e disperata la situazione di chi ricerca Gesù? Assolutamente no. È vero, invece, esattamente il contrario: è possibile incontrare Gesù e gioire, a condizione di capire di quale tipo d’incontro si parli: è l’incontro che passa necessariamente attraverso le Sacre Scritture (l’Antico Testamento lo annuncia; il Nuovo Testamento lo presenta vivente ed operativo), perché «la fede viene dall’udire e l’udire si ha per mezzo della Parola di Cristo» (Lettera ai Romani 10:17). Ne consegue che incontrare Gesù equivale poi a incontrare Dio. «Nessuno ha mai visto Dio; l’unigenito Dio, che è nel seno del Padre, è quello che l’ha fatto conoscere» (Vangelo di Giovanni 1:18).

Arrigo Corazza

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